giovedì 20 agosto 2009

Basilico (Ocimum basilicum)








La pianta regale: il basilico


Non si sarebbe potuto trovare un nome migliore al basilico, a questa erba degli orti elegante nella sua semplicità e dall'intenso profumo, ma anche salutare grazie alle sue proprietà antispasmodiche ( che serve a bloccare gli spasmi rilassando i muscoli ), digestive, emmenagoghe (principi attivi in grado di stimolare l'afflusso di sangue nell'area pelvica e nell'utero, e in alcuni casi, di favorirne la mestruazione) e toniche. Basilico deriva infatti, tramite il latino basilicum, dal greco basilikòs, regale. In botanica è chiamato Ocimum basilicum, dove il primo termine significa "profumo". Per questo motivo, come ricorda Carlo Lapucci, ha ispirato il simbolo della Dolcezza e l'impresa "Quo mollius, eo soavius" (quanto più delicatamente, tanto più soavemente). Un'altra impresa, "Mentis nubila pellit" (caccia l'oscurità dalla mente), è stata ispirata dalla credenza secondo la quale avrebbe la proprietà di combattere depressione e abulia.
Aldo Fabrizi dedicò alla piantina un sonetto in romanesco che merita di essere citato perchè riassume efficacemente in uno stile popolaresco le sue proprietà:

A parte che er basilico c'incanta
perchè profume mejo de le rose,
cià certe doti medicamentose
che in tanti mali so' 'na mano santa.

Abbasta 'na tisana de' sta pianta
che mar de testa, coliche ventose,
gastriti, digestioni faticose
e malattie de petto le strapianta.

Pe' via de' sti miracoli che ho detto,
io ciò 'na farmacia sur terrazzino,
aperta giorno e notte in un vasetto.

Dentro c'è 'no speziale sempre all'opera,
che nun pretenne modulo e bollino
e nun c'è mai pericolo che sciopera.

Si crede che il basilico liberi l'aria dagli spiriti maligni sicchè lo si tiene spesso sui davanzali o nei pressi della casa. Le foglie messe nell'acqua purificherebbero il corpo e la mente da malefici influssi, che si possono cacciare anche spargendole asciutte sul pavimento. La sua presenza avrebbe anche un altro effetto non dissimile secondo il codice di corrispondenze tradizionale, per il quale una pianta che allontana i demoni tiene a debita distanza anche i serpenti e scorpioni e persino zanzare. Si sostiene infatti che, posta vicino ai pomodori, respinga gli insetti. La sua presenza nelle cucine e nelle stanze da pranzo preserverebbe dagli avvelenamenti o disturbi causati da cibi cattivi, alterati o "fatturati".
In India vi è un basilico sacro detto tulasi, un'erba consacrata e identificata con Lakshmi, sposa di Vishnu, dea della bellezza, della quiete e dell'armonia, per tanti aspetti simile alla nostra Afrodite Urania. Si invoca la tulasi per proteggere tutte le parti del corpo, ma soprattutto perchè conceda figli a chi li desidera. Narada, l'Orfeo indiano patrono della musica, ha cantato le lodi di questa pianta immortale che contiene tutte le perfezioni, allontana ogni male e purifica.
La tulasi apre il cammino del cielo agli uomini pii. Per questo motivo, quando un uomo è morente, gli si pone sul petto una foglia della piantina, e dopo la morte se ne lava la testa con acqua contenente semi di lino e foglie di tulasi. Chi la pianta e religiosamente la coltiva ottiene il privilegio di salire al palazzo di Vishnu circondato da dieci milioni di parenti. Non la si può cogliere se non con pie intenzioni - pena gravissime disgrazie e un destino infelice nella vita futura - pronunciando questa preghiera: "Madre Ttulasi, tu che porti la gioia nel cuore di Govinda, io ti colgo per il culto di Narayana. Senza di te, beata, ogni opera è sterile; per questo ti colgo, dea Tulasi: siimi propizia. Poichè ti colgo con cura, sii misericordiosa verso di me, oh Tulasi, madre del mondo: te ne prego!".
A sua volta Vincenzo Maria di Santa Caterina, un religioso italiano vissuto nel XVII secolo, scriveva a proposito di un'usanza tipica del Malabar (regione situata lungo la costa della penisola indiana): "Quasi tutti, specialmente gli abitanti del Nord, adorano un'erba simile al nostro basilico gentile, che ha tuttavia un profumo più intenso. La chiamano collò, ognuno costruisce davanti alla propria casa un altarino circondato da un muricciolo, alto un mezzo braccio, in mezzo al quale alza pilastrini. Hanno una grande cura di quest'erba; di fronte ad essa sussurrano più volte al giorno le loro preghiere, prosternandosi spesso, cantando, danzando e innaffiandola. Sulle rive dei fiumi dove vanno a bagnarsi e all'entrata dei templi se ne vede una grande quantità: essi credono infatti che gli dei amino particolarmente quest'erba e che il dio Ganavedi vi dimori abitualmente. Durante i viaggi, non avendo questa pianta, la disegnano sul terreno insieme con la radice; ecco come si spiega che sulla spiaggia del mare si vedono spesso questi disegni tracciati sulla sabbia".

Il basilico, l'amore e l'amicizia

Anche in Occidente si attribuisce al basilico un simbolismo erotico che si riflette nella proprietà di favorire il concepimento, tant'è vero che una volta lo si dava come foraggio ad asine e cavalle prima della monta. In Abruzzo, nel Chietino, un giovane contadino si recava a far visita alla fidanzata portandone sull'orecchio un rametto, ma non lo regalava all'amata perchè il gesto sarebbe stato interpretato come segno di disprezzo. In Toscana lo si soprannominava "amorino": ruolo confacente, come osserva Angelo De Gubernatis, riferendo che in una novella di Gentile Sermini, un narratore senese del XV secolo, una giovane donna avverte il suo amoroso che può salire con un gesto simbolico: togliendo il vaso del basilico dal davanzale.
In Sicilia era Simbolo di Amore ricambiato, sicchè la ragazza che ne metteva da un giorno all'altro un vasetto sul davanzale voleva far sapere di essere innamorata. Ma in alcune zone quel vasetto poteva anche indicare la casa di una prostituta.
Il tema del basilico simbolicamente "mezzano" si ritrova in una novella diffusa in tutta l'Italia, e che in toscana è intitolata Il basilicone. C'era una volta una bella ragazza di nome Caterina, che ogni giorno si recava da una sarta per imparare a cucire. Avevva ricevuto l'ordine di innaffiare ogni mattina una suntuosa pianta di basilico posta sul balcone che si affacciava sulla via principale, dove passeggiava abitualmente il figlio del re. Questi finì per notare non soltanto quella pianta gigantesca ma anche la bella ragazza che l'annaffiava amorevolmente. Sicchè un giorno le rivolse la parola:

"Bella ragazza di sul balcone,
quante foglie ha il vostro basilicone?"

Caterina, intimidita, non seppe che cosa rispondere; ma siccome la scena si ripeteva ogni mattina, alla fine si consigliò con la sarta che le suggerì una risposta. Quando il principe le rivolse la solita domanda, lei disse:

"E voi, figliolo del re imperiale,
quante stelle ci sono in cielo e pesci in mare?"

Il gioco si trasformò a poco a poco in una sequenza di beffe e ripicche, finchè il principe, innamoratosi perdutamente della bella Caterina, il cui nome le si addiceva perchè le apprendiste sarte hanno come patrona la omonima santa d'Alessandria, decise di sposarla.
Il basilico non è soltanto benefico all'amore: i suoi rami fioriti posti dentro un vaso in una stanza propizierebbero l'amicizia e la concordia familiare. Questa sua funzione si riscontra anche in un'usanza siciliana, riferita dal Pitrè: la cosidetta "comare di basilico", una forma di comparatico (è un termine di origine siciliana, che indica il rapporto intercorrente fra i due compari o le due commari) fra donne e ragazze che si stringe scambiandosi vasi di questa pianticella nel giorno canonico di San Giovanni Battista.
E' insomma una pianta magica che può perdere tuttavia i suoi effetti se la si tocca o la si taglia con il ferro, come riferisce Plinio. La si deve cogliere per pratiche magiche con la mano sinistra e a luna crescente.
Un suo rametto permette infine di capire se una persona è ipocrita o bugiarda: basta, pare, metterne un ramoscello sul suo corpo mentre dorme; se il sospetto è fondato, le foglioline avvizziranno in pochissimo tempo.

Alfredo Cattabiani - Florario -




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