venerdì 25 settembre 2009

Tasso (Taxus baccata)




L'albero che uccise il padre di Amleto: il tasso


dea degli inferi, si sacrificavano a Roma tori neri inghirlandati con foglie di tasso (Taxus baccata) che le era consacrato. Il legame di quest'albero con gli inferi è testimoniato anche da Ovidio secondo il quale la strada verso il mondo dei morti era ombreggiato da tali piante.
      Nel Medioevo si favoleggiava che la dea lunare apparisse a streghe e maghi con torce di tasso in mano. L'eco di questa credenza si ritrova nel Macbeth di Shakespeare: le tre streghe preparano la diabolica mistura nel calderone di Ecate e fra i tanti ingredienti vi è anche "un rametto di tasso reciso all'eclissi di luna". Anche le Erinni (http://it.wikipedia.org/wiki/Erinni) lo predileggevano, terrorizzando con fiaccole del suo legno i mortali che intendevano perseguitare.
      A Eleusi (http://it.wikipedia.org/wiki/Eleusi) i sacerdoti si cingevano di corone di tasso che avevano un duplice simbolismo, di morte ma anche d'immortalità a causa delle foglie sempreverdi. Del resto abbiamo già ritrovato questa plurivalenza simbolica in altre piante sempreverdi, dal cipresso al pino. Probabilmente l'ha evocata anche la sua longevità: vi sono infatti tassi, come quelli del cimitero di La Haye-de-Routot (i due tassi del cimitero hanno uno 14 e l'altro 15 metri di circonferenza, dal che si può presumere un'età tra i 1300 e i 1500 anni) che hanno una veneranda età. In Inghilterra un tasso del Derbyshire avrebbe 2100 anni e quello di Fortingall, in Scozia, supererebbe i 2000.
     Nel druidismo era considerato un'albero sacro, tanto che molti oggetti di culto erano intagliati nel suo legno, dal bastone dei Druidi alle tavolette di esecrazione,a diversi simulacri. Secondo una credenza dei Cimri
gli antichi abitanti di lingua celtica del Galles e dello Strathclyde, il tasso sarebbe il più vecchio essere vivente, potendo raggiungere i 19.683 anni. Da terminare






lunedì 21 settembre 2009

Impatiens




 La Impatiens ovvero non mi toccare


Qualche anno fa, quando mia moglie ha piantato per la prima volta nel nostro giardinetto la Impatiens noli-me-tangere, una delle 700 specie del genere Impatiens, ho capito il motivo di tale soprannome. Un giorno, osservandone attentamente il frutto, che assomiglia ad una pera allungata, inavvertitamente l'ho sfiorato. Non lo sapevo che fosse deiscente e non tollerasse di essere toccato, pur con delicatezza. Quasi fosse "spazientito", ha aperto i suoi lati di scatto che, arrotolandosi, hanno proiettato verso l'alto i semi che mi hanno colpito in pieno viso. Così lo descriveva Erasmus Darwin negli Amori delle piante, evocando in quei semi espulsi violentemente i figli che Medea, secondo una leggenda estranea al mito, avrebbe lanciato dall'alto del carro dorato, sul quale si era involata, per punire Giasone risposatosi con la figlia del re di Corinto:

Continua

sabato 5 settembre 2009

Rosmarino (rosmarinus officinalis)

 
La rugiada del mare: il rosmarino
 Il rosmarino non è soltanto una delle erbe principali della festa del Precursore  http://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.pax?mostra_id=13041
usata insieme con l'iperico, la lavanda e la ruta per la cosiddetta "acqua di San Giovanni", ma una pianta che fin dall'antichità ha ispirato leggende, tradizioni e medicamenti miracolosi. Il suo nome latino, rosmarinus , lo apparenta strettamente al mare: secondo alcuni etimologi deriverebbe da ros , rugiada, e maris, del mare. Secondo altri da rosa e maris, e significherebbe "rosa del mare". Ma vi è anche chi sostiene che ros derivi da rhus, arbusto, arboscello: sicchè rosmarino significherebbe "arbusto del mare". In ogni modo il suo fiore azzurro rammenta proprio il colore dell'acqua marina. Nel linguaggio amoroso dei fiori evoca un cuore felice, e se lo si regala trasmette il messaggio: "Sono felice quando ti vedo".
      Secondo la tradizione ermetica è la pianta del terzo decano dei Gemelli e presiede alle mani e ai loro mali. Per questo motivo nei riti di purificazione le abluzioni manuali con soluzioni al rosmarino erano la condizione per ogni guarigione. Lo si usava anche nelle cerimonie religiose in luogo dell'incenso.
      Per gli Egizi era simbolo di immortalità, tant'è vero che usavano metterne una manciata in mano al defunto per facilitarne il viaggio nell'oltretomba. I Romani, invece, incoronavano con rosmarino le statuette dei Lari, geni familiari della casa.
      L'uso funerario dell'erba si diffuse in gran parte del mondo mediterraneo ma anche nel Nord, tant'è vero che una volta nell'Europa settentrionale si accompagnavano i morti al cimitero con un suo rametto in mano, mentre da noi si componevano le corone funerarie con alloro, mirto e rosmarino. Questa consuetudine è testimoniata anche da un proverbio siciliano:
Cc'è tant'ervi all'orti
E cc'è la rosmarina pi li morti!
La leggenda della principessa e del rosmarino
      In Sicilia si narra una leggenda apparentemente bizzarra e oscura. Una volta una regina sterile stava passeggiando nel giardino quando, vedendo una rigogliosa pianta di rosmarino, fu invasa da un'invidia irrefrenabile per i suoi numerosi rametti che le evocavano il simbolo della fecondità. Poco dopo si scoprì incinta, e al termine della gravidanza partorì una pianta di rosmarino che lei, intenerita, dopo averla battezzata Rosmarina, annaffiava quattro volte al giorno col proprio latte. Ma durante una visita il re di Spagna, suo nipote, rubò la pianticella e la sistemò in giardino alimentandola con latte di capra.